Foibe, le parole di Tajani scatenano la reazione di Croazia e Slovenia
Zagabria: "Revisionismo e irredentismo inaccettabili". Lubiana: "Quelle frasi suscitano paura". E il presidente del Parlamento europeo: "Mi riferivo agli esuli istriani e dalmati di lingua italiana, nessuna rivendicazione territoriale"
UDINE. «Il revisionismo storico e l'irredentismo sono assolutamente inaccettabili: i fondamenti dell'Unione europea e delle sue istituzioni non sono basati su tali valori». Lo ha detto la presidente della Croazia, Kolinda Grabar Kitarovic, reagendo alle parole del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, pronunciate domenica 10 febbraio alla foiba di Basovizza ("Viva l'Istria e la Dalmazia italiane") .
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«Respingo e condanno fermamente i tentativi di cambiare la storia e ogni rivendicazione dei territori croati», ha concluso la presidente, annunciando che intende rivolgersi alle istituzioni italiane e quelle europee.
La Slovenia: "Quelle parole suscitano paura". E il ministro degli Esteri sloveno, Miro Cerar, ha annunciato che scriverà al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani per esprimergli il rammarico per le «sue inammissibili dichiarazioni» che hanno scatenato una furiosa reazione di proteste in Slovenia e in Croazia.
«Gli riferirò in forma scritta che la sua retorica nell'Europa di oggi è inaccettabile e in contrasto con i valori che esprime e dovrebbe rappresentare l'Ue», ha detto Cerar ai cronisti sloveni.
«Io personalmente e il ministero degli Esteri respingiamo una tale falsificazione della nostra storia comune europea e quella slovena», ha aggiunto Cerar definendo parti del discorso di Tajani «particolarmente inaccettabili e scandalose».
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«Simili dichiarazioni non possono fare altro che suscitare un senso di paura», ha concluso il ministro sloveno. Fonti diplomatiche hanno riferito che molto probabilmente il governo sloveno chiederà spiegazioni anche all'ambasciatore d'Italia a Lubiana, mentre non è esclusa una nota ufficiale di protesta a Roma.
Tajani: "Nessuna rivendicazione su Istria e Dalmazia". «Nel corso del mio intervento di domenica 10 ho voluto sottolineare il percorso di pace e di riconciliazione tra i popoli italiani, croati e sloveni e il loro contributo al progetto europeo.
Il mio riferimento all'Istria e alla Dalmazia italiana non era in alcun modo una rivendicazione territoriale. Mi riferivo agli esuli istriani e dalmati di lingua italiana, ai loro figli e nipoti, molti dei quali presenti alla cerimonia».
Lo ha affermato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. «Domenica ho partecipato alla commemorazione della Giornata del Ricordo delle vittime delle foibe, deponendo una corona sul ciglio della foiba di Basovizza, a Trieste. È una celebrazione solenne istituita da una legge dello Stato italiano del 2004», ha spiegato Tajani.
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«Mi riconosco nelle parole pronunciato dal presidente della Repubblica italiana nel suo discorso al Quirinale: "Celebrare la Giornata del ricordo, significa rivivere un capitolo buio della storia nazionale e internazionale. Non si trattò di una ritorsione contro i torti del Fascismo.
Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni"».
Tajani ha poi detto che con la sua presenza ha «voluto ricordare le migliaia di vittime, principalmente italiane, ma anche croate e slovene, di quella che va considerata una tra le tragedie più efferate del secolo scorso. L'orrore di migliaia di persone gettate, spesso ancora vive, nelle profondità delle cavità carsiche, è un fatto storico acclarato. La Giornata del ricordo mira a ristabilire questa verità».
Secondo Tajani, «proprio ristabilendo la verità storica è stato possibile dare un punto di svolta alle relazioni tra Italia, Croazia e Slovenia, oggi Paesi legati da una salda amicizia. La pace duratura tra i nemici di un tempo è il migliore esempio di come l'Unione europea sia una storia di successo.
Mi spiace se il senso delle mie parole sia stato mal interpretato. Non era mia intenzione offendere nessuno. Volevo solo inviare un messaggio di pace tra i popoli, affinché ciò che è accaduto allora non si ripeta mai più».
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