Farà sempre più caldo: piogge estive in calo, Friuli a rischio siccità
L’Arpa prevede un secolo bollente: la temperatura media aumenterà di sei gradi. Già ridotte le produzioni di vino, addio all’abete rosso, gli allevamenti vanno difesi
UDINE. Entro la fine del secolo le temperature invernali potrebbero aumentare anche di cinque gradi e di sei quelle estive. Notti e giorni saranno sempre più caldi con possibili periodi di siccità alternati a quelli più piovosi e nevosi d’inverno. Solo qualche percentuale: le precipitazioni invernali possono lievitare anche del 30 per cento e quelle estive diminuire fino al 25 per cento. E se il condizionale è d’obbligo è altrettanto doveroso preoccuparsi perché davanti a noi abbiamo un futuro disastroso.
Uno degli ultimi appelli ai grandi della terra l’ha rivolto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e oggi, in tutto il mondo, lo rinnoveranno gli studenti seguendo l’esempio di Greta Thunberg: il loro motto è «sciopero scolastico per il clima».
I giovani scendono in piazza anche nella nostra regione che non è affatto inerme ai cambiamenti climatici. Lo rivela lo “Studio conoscitivo dei cambiamenti climatici e di alcuni loro impatti in Friuli Venezia Giulia” voluto dalla giunta Serracchiani e realizzato dall’Arpa in collaborazione con l’università di Udine, l’Ictp, l’Ismar e l’Ogs. In circa 300 pagine i coordinatori dello studio Federica Flapp e Stefano Micheletti, hanno raccolto i dati storici per analizzare la situazione attuale e prevedere gli scenari futuri.
La situazione attuale
Caratterizzata dalla posizione geografica e dall’orografia che condiziona la meteorologia, la nostra regione avverte più di altre le conseguenze dei cambiamenti climatici. Basti pensare che la temperatura media minima rilevata a gennaio a Lubiana, città situata in una regione contermine con altitudine e latitudine quasi paragonabili a quelle di Gemona, per effetto della diversa localizzazione alpina, è più fredda di quasi tre gradi.
A Lubiana quindi le ondate di calore si sopportano meglio rispetto all’afa che si avverte in Friuli quando la temperatura media annua di 12,6 gradi registra picchi sempre più elevati. Il più significativo è quello dei 14.6 gradi raggiunti cinque anni fa.
«Nel trentennio 1961-2016 – si legge nello studio – l’aumento medio della temperatura media è stato pari a 0.3 gradi ogni 10 anni, con una chiara tendenza all’accelerazione nei decenni più recenti». Parallelamente è scesa la piovosità primaverile ed estiva di circa 4 millimetri a stagione. «D’estate – recita lo studio – questo trend risulta statisticamente molto significativo specie nella bassa friulana e nell’alta pianura friulana. Durante le stagioni autunnali e invernali si assiste a un aumento delle piogge anche se i trend non risultano statisticamente significativi». Aumentano, invece, le giornate con temperature medie di 30 gradi passate dalle 30 registrate negli anni Novanta alle 50 nell’ultimo quinquennio.
Le previsioni future
Quello che è certo è che farà sempre più caldo. Applicando i modelli climatici europei, gli autori dello studio stimano che entro la fine del secolo «il Friuli Venezia Giulia potrebbe subire un aumento di temperatura fino a 5 gradi in inverno e fino a 6 in estate, con un forte aumento di stress termico associato a ondate di calore e numero di giorni e notti calde».
Conseguentemente aumenterà la temperatura del mare fino a 3 gradi. «Secondo le indicazioni dei modelli – si legge ancora nello studio –, la precipitazione dovrebbe generalmente aumentare in inverno, con un corrispondente incremento di eventi piovosi molto intensi, e diminuire anche fortemente in estate, con un inaridimento estivo della regione». Questo per dire che i cambiamenti climatici rischiano di avere «forti ripercussioni su molti settori socioeconomici regionali, come le risorse idriche, l’agricoltura, i servizi ecosistemici, la salute, il turismo».
Le conseguenze
Lo studio è indirizzato ai politici affinché adottino le misure adeguate per mettere in sicurezza il territorio e per fronteggiare le conseguenze che provocherà l’aumento della temperatura all’agricoltura, al turismo e alle foreste. Alcuni esempi sono già sotto gli occhi di tutti.
«Negli ultimi anni – scrivono gli esperti – le ondate di calore e i lunghi periodi di stress idrico, hanno comportato riduzioni delle produzioni e maturazioni delle uve più spinte. Questo ha portato alla produzione di vini con livelli alcolici elevati e una qualità organolettica non sempre equilibrata, condizione aggravata dalle scottature che sempre più si osservano nei vigneti».
Dopo l’agricoltura tocca alla pesca fronteggiare le conseguenze visto che i cambiamenti climatici possono incidere sulla composizione delle comunità ittiche con le specie autoctone che diventeranno sempre meno abbondanti. E se in montagna la linea di affidabilità della neve (Lan) è destinata a salire, lungo la costa saranno sempre più frequenti le erosioni e gli allagamenti. Tra i suggerimenti non manca quello rivolto agli allevatori affinché proteggano gli animali dal caldo estivo per salvaguardare il benessere delle bovine e scongiurare un peggioramento della produzione del latte.
La foresta non è da meno visto che se da un lato le temperature più elevate favoriscono la crescita dell’abete bianco, dall’altro l’abete rosso ne risente. Lo rivela il caso della foresta della Val Pesarina analizzato dal gruppo di lavoro che ha elaborato lo studio.
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