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Il processo in appello di Mazzega resta a Trieste

La Cassazione ha rigettato l’istanza di trasferimento in altra sede della difesa. La famiglia: ora la giustizia faccia il suo corso

Luana de Francisco
2 minuti di lettura



Il «clamore mediatico» che l’omicidio di Nadia Orlando ha suscitato in tutta la regione, sommato alle «iniziative e alle condizioni ambientali di forte pressione» che si sono accompagnate alle varie fasi dell’inchiesta giudiziaria, non sono bastati a ordinare il trasferimento fuori distretto, in territorio “neutro”, del processo d’appello a carico di Francesco Mazzega, il 37enne di Muzzana del Turgnano (all’epoca residente a Spilimbergo), reo confesso del delitto della fidanzata 21enne, commesso a Vidulis di Dignano, dove abitava con la famiglia, il 31 luglio 2017, e condannato in abbreviato a 30 anni di reclusione. Rigettando l’istanza di rimessione del procedimento in altra sede per «legittima suspicione», che i suoi difensori, avvocati Federico Carnelutti e Mariapia Maier, avevano presentato alla vigilia dell’udienza dello scorso 12 aprile, la Corte di Cassazione ha quindi confermato nella Corte d’assise d’appello di Trieste presieduta dal giudice Igor Maria Rifiorati la giuria che dovrà valutare il caso.

La decisione degli ermellini della prima sezione è stata depositata ieri e sarà trasmessa a breve ai colleghi giuliani, affinchè possano fissare una nuova data e fare ripartire il processo da dove era stato sospeso. Considerata l’imminenza della sospensione feriale per i magistrati, tuttavia, il calendario potrebbe non deporre a favore di una ripresa immediata. Intanto, Mazzega continua a smaltire a casa dei genitori, in regime di arresti domiciliari con braccialetto elettronico, il presofferto (la sentenza di primo grado è stata pronunciata dal gup di Udine lo scorso 11 luglio). Erano state proprio le polemiche scatenate dalla decisione del Riesame di scarcerare l’imputato, seguite da una raccolta di migliaia di firme consegnate in Regione e sostenute anche da alcune forze politiche, una delle ragioni che avevano indotto la difesa a ritenere il clima oltremodo ostile e a dubitare della «serenità» e dell’«equilibrio» nella decisione dei giudici.

La decisione della Cassazione è stata accolta con soddisfazione dai familiari di Nadia, i genitori Andrea Orlando e Antonella Zuccolo e il fratello Paolo, tutti costituitisi parte civile con l’avvocato Fabio Gasparini. «La volontà dell’omicida di trasferire il procedimento d’appello è parsa da subito come l’ennesimo tentativo di allungare i tempi del processo per sfruttare il più possibile il beneficio premiale degli arresti domiciliari – ha commentato il legale –. Diversamente non si spiega perché la richiesta sia stata depositata solo la settimana prima dell’udienza. I familiari di Nadia, a quasi due anni da quella terribile notte, si augurano che ora la giustizia riprenda celermente a fare il suo corso, e chiusi ancora in un infinito dolore, auspicano che l’omicida reo confesso smetta di fuggire dalle proprie responsabilità ed eviti ulteriori, inopportune, condotte dilatorie che non fanno altro che alimentare l’indicibile sofferenza cui sono sottoposti».

Dal canto loro, i difensori di Mazzega definiscono come «doveroso, in ragione della previsione dell’articolo 45 del codice di procedura, sottoporre all’esame della Suprema Corte un caso con queste caratteristiche. Il ricorso presentato – hanno ricordato gli avvocati Carnelutti e Maier – spiega ampiamente perché sia stato fatto il quel momento. Del resto, lo stesso procuratore generale, in udienza, ha manifestato perplessità chiedendo approfondimenti. Mai l’imputato ha tenuto condotte dilatorie, avendo anzi scelto un rito, il giudizio abbreviato, che è quello più celere». —

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