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Sopravvissuto a Nassiriya, lo Stato non gli riconosce disturbo post-traumatico: «Sarebbe stato meglio morire»

L’appuntato scelto dei carabinieri Luigi Coltraro è sopravvissuto all’attacco del 2003. Da 16 anni lotta per ottenere i benefici economici: «Il dolore è atroce». Novelli: vicenda scandalosa

2 minuti di lettura

CIVIDALE. Tante volte si è detto che «sarebbe stato meglio rimanere ucciso» nell’attentato di Nassiriya del 2003, «così sulla bandiera del reggimento ci sarebbe una stelletta in più». Quel giorno, invece, la sorte ha risparmiato dalla strage il carabiniere friulano Luigi Coltraro, ma l’esistenza che il militare conduce da allora non è degna di essere chiamata vita: «Per cinque anni, ogni notte, ho sognato di essere chiuso in una bara. Le mie giornate sono scandite da incessanti flashback sulla tragedia, il dolore era e continua a essere atroce».

Eppure lo Stato italiano lo ha «abbandonato», quest’uomo che ha visto la morte in faccia, l’ha schivata per un soffio e pur a distanza di lungo tempo, ormai, non riesce a superare lo choc: Luigi convive con i suoi fantasmi, che non gli danno tregua, e tira avanti solo grazie alla pensione minima, senza quei benefici economici che sulla carta, in base alla legge, gli sarebbero dovuti.

DAL NOSTRO ARCHIVIO: "Io sopravvissuto all'inferno di Nassiriya", l'intervista al carabiniere friulano

Già sollevata in sede parlamentare un anno fa, tramite un’interrogazione rimasta senza risposta, la storia dell’appuntato scelto dei carabiniere è riaffiorata ora in una conferenza stampa che il deputato forzista Roberto Novelli (firmatario del documento sopra citato) ha voluto promuovere per portare all’attenzione pubblica una vicenda giudicata inammissibile e inaccettabile. Proprio poche ore prima dell’incontro con i media, per inciso, i quesiti posti in via formale nel 2018 hanno trovato un riscontro, «peraltro del tutto inutile», stigmatizza l’onorevole. «Il governo – spiega Novelli – non ha fatto altro che ripercorrere la vicenda medico-legale, che ben conoscevamo. Evidentemente la situazione che Coltraro è costretto a subire non valeva la fatica di un approfondimento. Il paradosso è che il disturbo post traumatico da stress, pur riconosciuto, non viene posto in relazione ai fatti di Nassiriya».



«Mi sento quasi colpevolizzato per la mia malattia», lamenta il carabiniere, rivendicando di «aver sempre fatto le cose giuste, non quelle che convenivano», e constatando con amarezza che serietà e onestà non pagano. «Il dolore per quanto accaduto laggiù – testimonia Coltraro – è ancora lancinante, gli attacchi di panico sono indescrivibili e si ripercuotono sulla quotidianità. Tutti gli accertamenti medico-legali attestano che soffro di questo disturbo, per giunta nella forma cronica, la peggiore».

«Una vicenda scandalosa. Viene quasi da pensare – attacca il deputato – che lo Stato non voglia certificare la patologia nei reduci di esperienze drammatiche consumatesi in missioni internazionali. Nel nostro Paese il disturbo post traumatico da stress non viene praticamente riconosciuto, anomalia rispetto agli Stati esteri: per questo ho chiesto un’indagine conoscitiva alla Camera. Il caso di Coltraro – conclude Novelli – è emblematico di un fenomeno sommerso, su cui non possiamo permettere che cada il silenzio. Lo Stato deve assumersi le proprie responsabilità e riconoscere come malattia un disagio, fortissimo, che affligge tanti militari, eroi dimenticati come Luigi».

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