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Ambulanze senza medici, bufera sul “corso espresso”

Un bando per preparare i nuovi professionisti con 478 ore di lezione a pagamento. Ma il sindacato insorge: non accetteremo la formazione surrogata a basso costo

2 minuti di lettura

UDINE. Poco più di 400 ore di lezione fra teoria e pratica per far salire i neolaureati su ambulanze a automediche. È una soluzione tampone per risolvere la carenza di anestesisti e di medici d’urgenza. Il bando di ammissione al corso gestito dal Centro di formazione regionale è stato appena pubblicato, ma l’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani è già sul piede di guerra.

È a firma del presidente regionale dell’Aaroi Emac Alberto Peratoner la lettera inviata all’assessore regionale alla Salute Riccardo Riccardi e a tutti i direttori dei reparti di Anestesia e Pronto Soccorso degli ospedali in regione attraverso la quale emerge la preoccupazione per quelli che Peratoner definisce «percorsi di formazione surrogata a basso costo con un discutibile impatto sulla qualità offerta agli utenti-pazienti».

L’obiettivo, si capisce, è quello di tamponare al più presto le carenze di personale medico nell’area dell’emergenza-urgenza, una strada che la sanità del vicino Veneto ha imboccato suscitando le proteste dei sindacati e degli specializzandi.

Il corso, che partirà per un massimo di 24 iscritti all’inizio di aprile, si articolerà su 478 ore complessive, di cui 108 di lezioni frontali, 53 dedicate ai corsi Certificati nazionali e internazionali e ai corsi Regionali e 318 al tirocinio pratico da svolgersi in Pronto soccorso e Medicina d’Urgenza sui mezzi di soccorso, reparti ospedalieri e alla centrale operativa del 118.

Per esservi ammessi sarà sufficiente avere una laurea in Medicina e Chirurgia, essere iscritti all’albo dell’Ordine dei medici chirurghi, assicurati per responsabilità civile e professionale, nonché pagare 1.200 euro per l’iscrizione.

Non vi potranno partecipare coloro che già frequentano un corso di specializzazione o di formazione specifica in Medicina generale. I moduli teorico-pratici saranno prevalentemente strutturati su 8 ore ciascuno; fatti i debiti conti dunque, in una cinquantina di giorni di corso gli iscritti potranno ottenere l’abilitazione e diventare operativi.

Tempo e risorse, si sa, ormai scarseggiano, e visto che la scuola di specializzazione – in Anestesia e rianimazione, come pure in Medicina d’urgenza – ha una durata quinquennale, un arco di tempo durante il quale gli studenti devono essere retribuiti, la soluzione proposta consente di economizzare sui tempi e sui costi.

Ma il rifiuto dell’Aaroi-Emac è netto: «Non condividiamo in nulla tale deplorevole strategia e la riteniamo l’ennesimo segnale di una politica sanitaria miope e scadente – tuona il presidente regionale –. Nessuna forma di collaborazione, docenza e tutoraggio ci potrà essere chiesta, né verrà data nell’ambito di questi percorsi formativi che ci auguriamo non partano proprio.

Ai giovani colleghi volenterosi diciamo di stare attenti ai falsi miraggi di patentini ottenuti (pagando) con formazione insufficiente e inadeguata e a loro ricordiamo che la strada migliore per affrontare questo delicatissimo lavoro è quella del corso di specializzazione universitaria, fatto di intensi anni di teorica e pratica continua, di scambio, confronto e apprendimento con gli specialisti ospedalieri e universitari».

Ed è duro l’affondo di Peratoner che, nella sua missiva indirizzata a Riccardi, parla di «un corso giustamente sospeso dieci anni fa di cui in regione nessuno sentiva più la mancanza». «Corso – evidenzia Peratoner – che ha la presunzione di formare pseudo-specialisti in emergenza urgenza con ridicole 300-400 ore complessive di sintetica teoria e insufficiente pratica».

E indugia sul delicatissimo ambito dell’emergenza-urgenza in Friuli Venezia Giulia «già pesantemente martoriato in questi ultimi tre anni da decisioni politiche completamente sbagliate e modelli organizzativi fallimentari debba avere piena dignità e meritarsi il meglio della professionalità formazione e qualità possibile. Il nostro sistema sanitario regionale – conclude – non ha bisogno di questo inutile percorso formativo autoreferenziato e assolutamente limitato e limitativo, inserito in una chiara strategia di utilizzo di inaccettabili forme di assistenza».

 

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