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Sfuma all’ultimo momento la “ribellione” di pub e bar

Il “King”: «Una chiusura e ci saremmo giocati i fondi del bando imprese» Il “Viavai”: «Avremmo accettato il rischio multa, ma siamo rimasti soli»

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Lo spirito battagliero e volto a mettere in atto una clamorosa protesta contro le misure imposte dal governo a bar, pub e ristoranti è rimasto vivo e acceso fino all’ultimo, ma poi, per motivi differenti, i due locali che avevano aderito in provincia all’iniziativa nazionale #ioapro hanno desistito, rimanendo nei confini della legalità come invocato dall’Ascom Confcommercio.

Il King Pub aveva manifestato, primo fra tutti, la volontà di alzare l’asticella della protesta rimanendo aperto al pubblico anche oltre all’orario concesso, servendo ai clienti presenti per l’occasione e battendo lo scontrino delle 21.45. Ma il conto da pagare sarebbe stato veramente impattante per l’attività. «Ci siamo bloccati non perché sia venuta meno la motivazione, ma perché la protesta avrebbe comportato un periodo di chiusura dai 5 ai 35 giorni – spiega il titolare Francesco Dalle Crode –. Questo ci avrebbe escluso dalla partecipazione al bando imprese: con il blocco della licenza, avremmo potuto perdere il contributo comunale e questo sarebbe stato per noi una perdita veramente importante. Aderiamo in modo silenzioso – prosegue – perché la situazione è insostenibile: sono 30 i dipendenti impiegati nelle nostre attività e i ristori coprono appena il 10,8% delle spese che sosteniamo ogni mese, anche a star chiusi. Il governo deve calibrare meglio questi indennizzi: ci impone di stare chiusi? Allora ci vengano coperte almeno le spese fisse. Dal primo lockdown a oggi abbiamo speso 145 mila euro di tasca nostra».

A Pordenone, il King Pub ha aperto il 27 agosto: è riuscito a lavorare circa un mese e 20 giorni, poi ci sono state tutte le progressive restrizioni. «Prima di fidelizzare un cliente ci vogliono tra i 6 e i 7 mesi» conclude Dalle Crode.

Rimasti soli, i titolari del bar Viavai di Torre hanno deciso di non immolarsi a vittime sacrificali per gli altri. «Se i ristoratori per primi non fanno nulla per loro stessi – affermano Elena Gardonio ed Enos Xanina – non possono aspettarsi che siano gli altri a fare il lavoro sporco per loro. Avremmo rischiato la multa per chi vive sugli allori e sulle spalle degli altri, senza esporsi, senza rischiare. Noi non ci stiamo e quindi abbiamo chiuso».

Nei giorni scorsi, i rappresentanti dei pubblici esercizi e dei ristoratori di Ascom avevano preso le distanze a forme di protesta che non rientrano nei confini della legalità. Pur sottolineando il fatto che la categoria è allo stremo e che i continui e repentini cambi di programma nuocciono al lavoro, hanno invitato a salvaguardare la reputazione del settore e a evitare di esporsi a sanzioni, non solo pecuniarie. Così è stato. —





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