Sentenza del Tar Fvg: legittimo riservare i ristori Covid alle sole imprese con sede legale in regione
Il tribunale amministrativo ha respinto il ricorso dell'Authority della concorrenza contro la Regione. La segnalazione era partita da un privato che opera in Friuli, ma con sede legale a Roma
TRIESTE. Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato contro due provvedimenti della Regione che avrebbero violato i principi in materia di concorrenza.
Sotto esame erano finite la delibera 779 della giunta Fedriga dello 29 maggio 2020 “Criteri e modalità per la concessione di contributi a ristoro dei danni causati dall’emergenza Covid-19 a sostegno delle strutture ricettive turistiche, commerciali, artigianali nonché dei servizi alla persona” e la 995 del 3 luglio 2020 che estendeva le attività ammesse a contribuzione.
Si tratta di provvedimenti che subordinano espressamente il diritto a ricevere i contributi a fondo perduto stanziati dalla Regione (da 500 a 4.000 euro per ciascuna società) alla condizione che le imprese abbiano sede legale (oltre che operativa) sul territorio regionale.
L’Autorità si è mossa a seguito della segnalazione di un privato che opera in Friuli, ma con sede legale a Roma e, dopo un’interlocuzione con l’amministrazione Fvg, ha presentato ricorso al Tar Fvg il 15 dicembre 2020.
Ricorso che è stato però respinto, con decisione della camera di consiglio del 13 gennaio 2021, ritenuto che «il contestato requisito per accedere ai contributi, non previsto dalla legge regionale ma introdotto nei provvedimenti (avere la sede legale nel territorio regionale, anziché la sola presenza sul territorio di unità locali o sedi operative) non sia in grado di alterare la concorrenza, principalmente a causa dell’estrema esiguità dell’importo dei contributi una tantum erogati a soggetti operanti in settori riconducibili a materie di competenza regionale, nell’eccezionalità della situazione di crisi indotta dalla pandemia».
Le ragioni di politico socio-economica sottese alle deliberazioni impugnate, si legge inoltre nella relazione del Tar, «sono evidentemente orientate alla conservazione e non all’alterazione del mercato concorrenziale».
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